Di Roberto IW5BNG
Montevarchi, sabato 26 ottobre
Non è ancora buio quando arriviamo nella piazza
adiacente al palazzo del Podestà. Decine di bambini la affollano, lo spazio
che utilizzano non è piccolo ma il chiasso viene amplificato dal loggiato
che la piazza racchiude su un lato, distorcendo voci e rumori.
Ecco, scorgiamo il palazzo. In noi è memorizzato il ricordo della locandina
pubblicitaria in cui valvole, resistenze e condensatori giocavano in duplice
funzione con la reale architettura, adesso scomparse lasciando spazio
ad ampie finestre che sembra guardino il cielo alla ricerca di un sole già
pallido. Altre, più basse e chiuse come poste a trattenere il calore,
interno.
Sbirciamo dal portone ed entriamo in una grande stanza dal soffitto dalla
tipica struttura a voltale cui vele calano sulle pareti
quasi come a proteggere quelle sbiadite vecchie pitture araldiche quasi
scomparse sui muri.
Si sale al piano superiore: una scala interna dai bassi gradini ci porta ad
un ampio corridoio dove con sorpresa camminiamo su vetrata che ci apre
la vista al piano sottostante, donando luce ed un pizzico di modernità ad
un ambiente decisamente sobrio.
Entriamo nell’ampia sala dedicata, immaginiamo, alle cerimonie. Il soffitto
ligneo non oscura le pareti su cui scritte risalenti alla metà del 1600
affiorano con nomi e casati. La sala è gremita da un pubblico che in
silenzio ascolta curioso i vari argomenti che gli oratori, uno dopo l’altro,
espongono.
La trasmissione e la conseguente ricezione del codice Morse tra due o più
stazioni senza l’ausilio di fili porterà sviluppo economico e sicurezza nei
trasporti marittimo terrestri, un bene questo che come le onde
magnetiche non ha confini.
I ringraziamenti e gli applausi successivi regalano ai volti degli
organizzatori un lungo sorriso ma ancora non è finita, adesso scendiamo
di un piano dove ci attende un piccolo museo di apparecchi radio, piccole
perle per alcuni, ingombranti e tozzi per altri. Salutiamo dopo un ben
apprezzato brindisi ma non prima di aver confermato la nostra presenza
per l’edizione seguente ed è sulla soglia del portone che mi pongo la
domanda: ma cosa hanno visto i miei occhi ?
Forse, la voglia di esser fieri di quel che siamo, di quello che riusciamo a
fare quando ci uniamo, là dove non contano gli anni, il titolo di studio o la
posizione lavorativa. Là dove il dialogo ci porta a valutare un’idea, a creare
un progetto, a vederlo nascere e modificarlo, presentarlo e riceverne
dalle istituzioni quel: OK CI PIACE!
Dimostrare che quel che viene definito da molti un balocco può diventare
educazione all’istruzione, può far nascere quella voglia di conoscere la
storia attraverso anche la curiosità di capire come quelle macchine
possano portare una voce, un ticchettio molto lontano.
Con la stessa velocità con cui giriamo la pagina del libro già letta ci
imbuchiamo in uno stretto cunicolo, un passaggio che mette in
comunicazione le due piazze, quasi un letto di torrente creato per gli
umani.
Qui, racchiusa tra vetri, ci imbattiamo in una semplice ma complessa
scenografia che, quasi come viva, si scaglia su di noi come monito di cecità
**a quel mezzo bicchiere pieno che teniamo in mano**.
E’ la faccia nascosta della luna, l’altra faccia della moneta, è il
controsenso delle scoperte: l’uso della comunicazione attraverso la
telegrafia nata per portare soccorso ma che viene troppo spesso usata
per comunicare dove portare la morte.